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Il patrimonio infrastrutturale civile del nostro paese versa in una condizione di degrado allarmante. Il 26° Rapporto Congiunturale del Cresme denuncia una situazione di pericolosa fragilità: 182000 edifici costruiti tra il 1960 e il 1980 e 76000 costruiti prima del 1960 si trovano in uno stato di conservazione definito “mediocre” o “pessimo”.
La situazione del patrimonio infrastrutturale civile in Italia di fatto è il risultato di due condizionamenti che hanno proceduto in direzione contraria: da una parte il boom edilizio e dall’altra una scarsa attività di manutenzione strutturale delle opere.
Per questa ragione è impossibile parlare di patrimonio infrastrutturale civile senza occuparsi contemporaneamente dei fattori di rischio e sicurezza.
I sistemi infrastrutturali invecchiano, sono soggetti a degrado e deterioramento, sono esposti alla minaccia di disastri naturali; se invecchiano male, cioè senza un’adeguata attività di monitoraggio e controllo, costituiscono anche un pericolo serio per la salute e la sicurezza delle persone.
La relazione tra infrastruttura e rischio si definisce esattamente in questi termini:
In questo articolo approfondiremo la tematica proprio a partire dall’identificazione dei rischi a cui le infrastrutture sono esposte e spiegheremo come il monitoraggio strutturale abbia un ruolo decisivo nella mitigazione del rischio e nella garanzia di sicurezza delle opere civili.
L’Italia è un territorio particolarmente sensibile al rischio naturale e molte delle infrastrutture civili si trovano in aree considerate ad elevato rischio: 11000 opere si trovano in zone a pericolosità da frana elevata e molto elevata, 40000 sono a rischio inondazione, più di 30000 sono ubicate in aree potenzialmente allagabili.
Inoltre, il 70% del territorio italiano è ad alto rischio sismico, il più alto tra i paesi europei, proprio per la sua particolare posizione geografica tra la zolla africana e quella euroasiatica e per la presenza di faglie e strutture sismogenetiche attive.
I fenomeni sismici, le alluvioni e le frane, hanno fatto registrare solo negli ultimi 70 anni circa 10000 vittime e hanno procurato un danno economico pari a circa 300 miliardi di euro.
A ciò si aggiunga pure che tra i rischi naturali in Italia annoveriamo anche il rischio vulcanico che interessa circa 2 milioni di persone che vivono nella zona dei Campi Flegrei e intorno all’Etna.
La consapevolezza che l’Italia è un paese nel quale si sommano il rischio sismico, il rischio idrogeologico e il rischio vulcanico, rende prioritaria la questione della sicurezza del patrimonio infrastrutturale civile e la necessità di interventi costanti mirati al controllo e al monitoraggio dello stesso.
L’invecchiamento strutturale e la vulnerabilità del costruito civile non sono dunque tematiche che riguardano esclusivamente il settore delle costruzioni ma sono variabili intimamente connesse con il territorio e le comunità che lo abitano, ragione per la quale il tema della sicurezza e del monitoraggio strutturale è entrato di diritto nel tavolo di confronto tra la società civile e le commissioni tecniche.
Il monitoraggio strutturale è una delle principali attività di controllo per valutare lo stato di conservazione delle infrastrutture civili, consente di ottenere informazioni importanti sul funzionamento strutturale del costruito, dati utili a programmare eventuali interventi di adeguamento; monitorare un’infrastruttura civile permette di ridurre il rischio di malfunzionamento, consente di intervenire in caso di criticità allungando il ciclo di vita dell’opera e di restituire al territorio infrastrutture sicure per le persone.
Nell’ambito delle attività di controllo e monitoraggio sulle infrastrutture civili hanno un ruolo primario quelli che vengono definiti Controlli Non Distruttivi (CND).
I Controlli Non Distruttivi o Prove Non Distruttive (PND) sono indagini non invasive, cioè non alterano lo stato dell’oggetto in esame, e consentono di verificare l’integrità di materiali diversi, identificarne criticità e difetti.
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